lunedì 15 dicembre 2014

Val di Chio, entrando in un' "altra" Toscana

A volte l'istinto del turista-viaggiatore ti induce a fare scelte non razionali. Percorrendo la strada che unisce Arezzo a Cortona e al lago Trasimeno, non si sa proprio che cosa ti faccia deviare all'interno, in direzione di una piccola valle e di paesini dalle ignote denominazioni. Forse la voglia matta di risentirsi un po' bambino, alle prese con l'adrenalina di piccole-grandi esplorazioni. Comunque sia, un valore aggiunto lo si trova subito: poter finalmente guidare a 30 all'ora, senza avere alle calcagna il solito e odiosissimo suv, impaziente di superarti a qualsiasi condizione. Poi, togliendosi dalla statale, c'è la possibilità di ammirare dal basso la cittadina di Castiglion Fiorentino, adagiata scenograficamente su un colle. Ma non siamo in provincia di Arezzo? Scherzi della toponomastica legati a vicende storiche che raccontano lotte per assicurarsi il dominio di un borgo in posizione strategica nel territorio del Granducato.
Panorama della Val di Chio, in primo piano la Collegiata di San Giuliano di Castiglion Fiorentino
Già questo fatto ti suggerisce di essere in un luogo particolare, anche perché Castiglione è un po' un confine tra due mondi, la fertile e animata Val di Chiana da una parte e quel discosto solco vallivo che abbiamo iniziato a percorrere, che si chiama Val di Chio, dall'altra. Tornando alla nostra esplorazione dal sapore bambinesco, l'esordio in effetti ha qualcosa di ludico, con la strada che supera torrenti e canali tramite dossi quasi da “montagne russe”... ma presto si entra decisamente in un'altra dimensione, attraversando l'uno dopo l'altro, piccoli agglomerati. E' un po' “un'altra” Toscana, differente da tutte le altre, forse una Toscana “del silenzio” - certamente diverso da quello della non lontana Verna - in cui parla una natura solare e insieme un po' ombrosa, soprattutto man mano che ci si appropinqua nella valletta. Guardandosi intorno, dove non domina il bosco, i dolci declivi della val di Chio sembrano quantomai adatti alla coltivazione della vite e dell'ulivo e in effetti lo sono davvero. Ma questa vocazione ha anch'essa una storia particolare, essendo stata in gran parte “rigenerata” da due giovani donne, Lidia e Roberta. Sfidando pregiudizi maschilisti, con un pizzico di temerarietà hanno, a partire dal '96, riavviato una tradizione che si era fermata con la morte del capostipite della famiglia, ottenendo nel tempo un crescente successo. Persone speciali, che credono in una missione positiva del settore, al punto da ospitare da qualche tempo anche esperienze di agricoltura sociale al fine di favorire, attraverso la pratica sul campo, il reinserimento nella comunità di soggetti svantaggiati, soprattutto autistici.
Alcuni casali dell'alta Val di Chio dal Passo del Belvedere
La Val di Chio la si abbraccia con lo sguardo dall'alto, quando, risalendone il fianco sinistro, si arriva a scollinare al passo del Belvedere dove la strada continua: una sorta di hic sunt leones verso altri luoghi ignoti da esplorare.
A proposito quanto è stata lunga questa deviazione? Ah sì, solo 12 km, sufficienti a scoprire l'ennesimo microcosmo italiano.

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