martedì 15 marzo 2016

Assunta... Eleanor Rigby del Lago d'Orta

In tutti i paesi d'Italia, anche i più piccoli, si legge sempre, da qualche parte, una teoria di nomi ormai quasi dimenticati. Tutti nomi con una storia, finita male. Anche Pettenasco, borgo sulle rive del Lago d'Orta (Novara) ha il suo bravo monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale.
Pettenasco (Novara) sulle rive del Lago d'Orta
Che vicenda sarà stata quella di Antonio Frascoia, Giulio Fortis o Carlo Miazza? Chissà, ma “l'altra metà” di almeno una di quelle storie, anche se non so quale, un po' la so. Perché ho avuto la fortuna di conoscere, seppur ormai in tarda età, una persona grande nella sua umiltà e semplicità e, insieme, dotata di un' immensa forza d'animo.
Il monumneto ai caduti della Guerra '15-'18 a Pettenasco
Pensando a lei, che di nome faceva Anchisi Assunta (perché nata proprio a Ferragosto, nel 1897), mi vengono in mente i versi di quel lontano brano dei Beatles, forse il loro primo pezzo non “scanzonato”


                                                         Eleanor Rigby, picks up the rice

In the church where a wedding has been

Lives in a dream

Waits at the window, wearing the face

That she keeps in a jar by the door

Who is it for...
(… Eleanor Rigby raccoglie il riso/ nella chiesa dov’è c’è stato un matrimonio/ Vive in un sogno/Aspetta alla finestra, indossando la faccia/ che conserva in un vaso accanto alla porta/ per chi è...)

Antonio, Giulio o forse Carlo (nessuno lo saprà mai) era il promesso sposo di Assunta, che non tornò, morendo, come tanti altri giovani, nelle trincee del Carso. Gli fu sempre fedele nello spirito e rifiutò qualsiasi altra relazione, consegnandosi a una vita di intensa, intima solitudine, pur dimostrandosi una persona di grande generosità, sempre votata agli altri.
Finita la guerra, ad Assunta non restò altro che andare a servizio, e la scelta cadde sulla neonata famiglia di un giovane notaio di Armeno, un paese vicino, che si era da poco sposato con una bella ragazza di Pettenasco nella magnifica parrocchiale romanica del paese.
La parrocchiale romanica di Armeno (Novara)
Assunta non aveva fatto che qualche anno di elementari eppure le piaceva scrivere, soprattutto poesie e la vicinanza col sciur nudar e la sua poi numerosa prole, non fece che corroborare la sua passione.
La paga? Poca, spesso direttamente tramutata in viveri o beni di prima necessità che Assunta il sabato,  si caricava in spalla col gerlo per portare il tutto nella borgata dove abitavano i vecchi genitori. Una donna forte nella sua mitezza, capace di sopportare tragedie incommensurabili. Dopo la scomparsa della mamma, papà e fratello morirono nello stesso giorno... forse di una di quelle malattie che oggi definiremmo banali.
La famiglia del sciur nudar, primo in alto a sx, in una foto di fine anni '20. Assunta è la penultima della fila

La sua vera famiglia divenne così quella del notaio, anch'essa attraversata da momenti non certo felici, come l'inspiegabile morte di un figlio tredicenne, drammatiche vicende nella guerra partigiana e la precoce vedovanza del notaio.

In quella casa rimasero dunque solo in due, Assunta e il “signor notaio”, come lo chiamava lei. E Assunta gli si dedicò tutta, fino alla sua morte, vera badante “ante litteram” negli ultimi anni, oltre a essere stata ottima cuoca e anche, per quel che le poteva consentire la sua modestissima istruzione, perspicace assistente notarile. Fedeltà, dedizione assoluta a un uomo che, nel frattempo, per troppa generosità era finito in condizioni economiche non certo floride.
La casa del "signor notaio"
E, alla fine, in quella casa che aveva visto tanta vita, rimase l'ultima custode di cose e memorie. Ad onta di una salute malferma e di problemi alla vista. Sola, coraggiosa, in compagnia degli amatissimi gatti che battezzava coi nomi più strani,
Minin, Minussi, Rutusc, Rutuscin... e quando andavi a trovarla sembrava sempre aspettasse con ansia qualcuno.

Una volta suonato il campanello, si vedeva una figura un po' malferma, vestita umilmente, appropinquarsi nel giardino per accertarsi chi fosse. La rivedo così, con una mano sugli spessi occhiali a ripararsi dai raggi del sole e a tentare di scorgere meglio. Una tazza di tè, un “Amaro Cora” per mio padre, mentre scoppiettava il fuoco nel camino. Un fuoco che lei sapeva trattare con gentilezza, quasi ringraziandolo e... se proprio non si attizzava, allora bastava un soffio, una flebile sibilo con la bocca, continuo e quasi musicale, a ravvivare prodigiosamente la fiamma.
Assunta, come la ricordo io
 



Per me bambino quella era (e rimane) una magia che invano tentavo di imitare. E poi si andava via con negli occhi la sua innata signorilità, la sua educazione e il suo dolce sorriso. Così per anni, fino a quando ormai quasi cieca, tornò a vivere con la sorella nella natia Pettenasco portandosi dietro l'ultimo gatto, il fedele Menelik, e spegnendosi in silenzio, senza disturbare nessuno. Assunta... quel tipo di persone, eroiche in una vita semplice, vissuta in pieno, con un amore che traspariva dai gesti, dalle parole... persone che passano silenziose, di cui nessuno si ricorda, ma se si ha la fortuna poterlo fare, la traccia che ti lasciano è indelebile. Assunta adesso vive in un sogno e aspetta... e forse Antonio, Giulio o Carlo arriverà, questa volta...