martedì 23 agosto 2022

Il terremoto delle Ceneri e l'incorrotto skyline di Bajardo

 

“Quali infelici giorni, e quai disastri non apportò esso (l'anno 1887) dal 23 febbrajo, giorno delle Ceneri. Nei tre giorni precedenti a questo parve che il demonio più che in ogni altro Carnevale avesse acceso a scarnascialare la gioventù e quanti uomini e padri di famiglia fossero piuttosto dediti all'ubbriachezza e al disordinato operare. Il mattino stesso del 23 sunotato, poco tempo prima suonasse l'Ave Maria, la funzione e la Predica delle Ceneri, giovinastri scorrazzavano ancora per le strade, ebbri di divertimenti, di gozzoviglie, di balli fino allora tenutisi aperti in osterie".   Quel mercoledì mattina del 1887, 600 anime di Bajardo (Imperia), borgo montano dell’entroterra sanremese, si erano raccolte nella parrocchiale, per celebrare il momento di inizio della Quaresima, quando una fortissima scossa di terremoto, di magnitudo oggi calcolabile in 6.5 gradi Richter, in pochi attimi ne fece cadere volta e tetto sui fedeli riuniti in preghiera. Ovviamente, ai tempi, come pare evincersi dall' inciso tratto dal diario manoscritto dal prevosto Zunini, della vicina Pompeiana, qualcuno avrà pure pensato al castigo di un implacabile e vendicativo Dio al cospetto degli eccessi carnevaleschi. Fatto sta che un quarto delle popolazione del paese di allora, oltre 200 persone, poi seppellite in una fossa comune, perirono nel disastroso crollo.

Oggi ciò che resta vecchia parrocchiale di San Nicolò, coperta  da un'eterea volta azzurra in un silenzio interrotto solo dallo svolazzare di qualche piccione, mostra pietre vive in pareti scabre e dilavate.





Rimane solo, lateralmente, un piccolo altare discretamente conservato dedicato a Sant’Antonio, sormontato dal laconico quanto eloquente motto: “memento mori”. Forse una scritta aggiunta dopo la tragedia di quel lontano Mercoledì delle Ceneri del 1887.


Bajardo, dove oggi resistono tre centinaia di abitanti o poco più, rimane quasi cristallizzata nel tempo, con i suoi carrugi, i suoi oscuri anditi e gli immancabili gatti. Così come il suo immacolato e netto skyline non deturpato da alcuna gru, antenna per le comunicazioni o qualsiasi altro ecomostro con, proprio in cima al colle, un’antica chiesa con il cielo come tetto.