lunedì 30 gennaio 2017

Feltre, la silente città dai muri che parlano

Al cospetto di un antico stemma affrescato su una parete, in alto, nel bel mezzo di persiane aperte, mi è improvvisamente tornato in mente il titolo di un vecchio film cult di Pupi Avati, “La casa delle finestre che ridono”.
Risalendo (tra viottoli ed erte scalinate) verso il nucleo più antico di Feltre - cittadina della provincia bellunese non lontana dal corso del fiume Piave - arroccato a dominio della piana sottostante, lo sguardo è naturalmente attirato all’insù.
La "porta Oria" a Feltre


Le strade, fiancheggiate da antichi palazzi in stile veneziano, convergono verso il culmine del colle fino alla scenografica Piazza Maggiore e al severo castello di Alboino.
Piazza Maggiore a Feltre (Belluno)

A differenza della vivace “Feltre del piano” qui, nel centro storico, in una fredda giornata invernale, dominano il silenzio e la pace, fors’anche per quasi totale assenza di esercizi commerciali.
Il castello di Alboino
Per la solare Beatrice, compagna di buona parte di tutti i miei vagabondaggi, Feltre (perlomeno il suo centro) ha un’anima “abbandonata a se stessa”, un po’ triste. Forse è così, tuttavia la sua aura antica oltra a  un passato importante, li percepisci nettamente.

Sono i muri a parlare per Feltre, in un caleidoscopio di scritte, iscrizioni, affreschi, graffiti di ogni tipo e di ogni epoca. C’è da divertirsi a leggere e a guardare… si passa da scene religiose dipinte  alla scoperta di giovanili vicende del Goldoni, descritto come “giocondo poeta della commedia italiana” che qui “immaginò le argute scene del ‘Buon vecchio’ e della ‘Cantatrice’”, dalla laconica lapide sotto il monumento di Panfilo Castaldi “scopritore generoso dei caratteri mobili per la stampa” all’invito ai clienti all’esterno di un’antica “bottega di caffè e giuoco di bigliardo”.



La “Farmacia Fabris” mostra, sopra scuri chiusi immagino da tempo, una ancora ben leggibile insegna dipinta con maestria, incuriosendo per un’entrata “sopraelevata” rispetto al piano stradale.
E anche i muri del castello di Alboino, effettivamente di origine longobarda, non si sottraggono a parlare, questa volta con motti “eroici” ben più recenti, illeggibili, ma con una firma, ben nota, cancellata dalle sassate e un simbolo triangolare della stessa epoca, almeno credo.

Nel cortile del castello di Alboino, scritte del ventennio fascista
La massiccia torre dell’orologio a lato del composito maniero, non rivela scritte… ma il suo enigmatico aspetto antropomorfo, sembra lanciare una voce, quasi un canto baritonale difficile ormai da cogliere, veleggiando in alto, sopra il piano della contemporaneità.