giovedì 5 novembre 2015

Tortora, "le ali del Sud" alle porte della Calabria

Quella sera dormii a Lauria, uno degli ultimi e più pittoreschi villaggi della Basilicata. L'indomani entrai definitivamente in Calabria. L'approccio da questa parte è davvero formidabile e conforme a tutto ciò che avevo sognato di più agreste e severo. Una gola stretta, scoscesa, tortuosa, serpeggia tristemente tra due vaste catene montuose, di cui una appartenente alla catena di Pietrasasso, l'altra a quella del Pollino, la più alta, alpestre e primitiva della Calabria...
Questo è l’ingresso e, per così dire, l’anticamera della Calabria. C’era certo di che sgomentare le immaginazioni più timorose; ma avevo presente il sesto canto dell’Eneide e sapevo che l’Inferno è l’anticipazione dei Campi Elisi.... Anche il tempo era migliorato e un magnifico arcobaleno cingeva le montagne, quasi a dirmi che era finito l’Inferno e stava cominciando l’Eliso; come Noé, ebbi fiducia in Dio e proseguii coraggiosamente il pellegrinaggio”.
Tortora (Cosenza), 300 metri s.l.m., centro storico
Non credo che lo scrittore ginevrino Charles Didier (1805-1864, dal cui "viaggio in Calabria" sono tratti questi brani) sia mai stato a Tortora (anche perché da Lauria proseguì verso l'interno) ma... non importa. Questa descrizione mi va bene lo stesso. Sia perché quando da Lauria (sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria) si scende per la stretta valle del fiume Noce e, solo verso la fine, il cuore ti si apre alla vista del mare di Calabria, le sensazioni provate non sono così diverse, sia perché incarna quello spirito del viaggio romantico nelle terre italiche, sicuramente un po' obsoleto e ottocentesco, però ancora affascinante.

Per la verità Tortora, primo paese della Calabria tirrenica, appena dopo la lucana Maratea, è un paese "diviso" in due: sulla costa la Marina e, più in alto, il centro storico. E già qui c'è un bel contrasto. 
Perché il centro storico, pur situato a solo sei km dal litorale è già un "altro mondo", in cui il mare funge da deuteragonista.
Ed è la malìa del borgo "alto", dal carattere già montano, appollaiato su un costone roccioso proprio come un uccello, che mi ha fatto sognare di essere non il classico turista agostano, ma il viaggiatore alle prese con le gioie della scoperta.
Ciò che è osservato influenza l'osservatore ma, forse, è anche vero il contrario. Non è che Tortora, aspettando la mia visita, si sia trasformata, come in un sogno, per farmi vedere ciò che io mi aspettavo di vedere? Appena arrivato in paese, il primo pensiero che mi è venuto in mente è stato: "Questo sembra uno dei classici paesini del Meridione immortalati in qualche vecchio film della mia infanzia, in bianco e nero, nel momento in cui passa Garibaldi, liberatore del Regno delle due Sicilie". Ebbene, Tortora, cosa ha fatto?

Mi ha fatto sbagliare strada per il bed and breakfast degli impareggiabili Biagio e Alfonsina e mi ha portato in una piazzetta dove ho potuto leggere quello che la mia mente mi aveva suggerito qualche istante prima: "In memoria di Giuseppe Garibaldi che di passaggio sostò in Tortora, ospite della famiglia Lomonaco il 3.9.1860". Luogo magico, dunque? Non so, ma certo un generoso "scambio di energia" tra il paese e il nuovo venuto, c'è stato subito.
Le "ali" di Tortora, viste dal borgo di Aieta

Tornando ai film dell'infanzia, davano un "senso del Sud", quello profondo, magari legato a luoghi comuni, ma indimenticabile per un bambino di un mondo ancora piccolo, in cui l'Italia era grande... quando con la famiglia spingersi fino al centro della Penisola era già una piccola avventura. Molte cose saranno cambiate a Tortora, da quegli anni o forse no... certo non ho potuto indagare più di tanto. 
Ma quello che si percepisce è netto: il sapore di una terra ancora in gran parte incognita nel vero senso della parola, sospesa tra un altrove che si può solo immaginare al di là delle scabre montagne che chiudono l'orizzonte del paese e il rassicurante orizzonte del litorale. Un ricordo più recente mi fa venire ancora in mente il Sud, celebrato in un fortunato tormentone (oggi si direbbe claim) pubblicitario: "Il primo sorso affascina il secondo Strega" (riferito al noto liquore beneventano, inventato, guarda caso, ai tempi della conquista di Garibaldi). Così Tortora, discretamente, a poco a poco ti ammalia.
La facciata "antropomorfa" della chiesa delle Anime del Purgatorio
Con architetture quasi antropomorfe, come la chiesa delle Anime del Purgatorio, con un piccolo ma ricco e interessantissimo museo interattivo sui segreti dell'antica città italica e romana di
Julia Blanda (destinata tra poco a diventare parco archeologico) con sapori totalmente inediti (perlomeno per me) come la zafarana, tipico e dolce peperone locale che generosamente entra in una gastronomia locale "di terra"  dal sapore antico: dalla pasta fatta in casa (indimenticabili lagane...) fino ai profumi, 
insieme forti e delicati, sprigionati al taglio dei capocolli.

E addirittura fornendoti una visione notturna, quella di un incendio alimentato dal vento (di cui certo si sarebbe fatto volentieri a meno), del tutto coinvolgente nella sua infernale scenografia. Ma la cosa che più rimane impressa di Tortora è il notare che il "cuore" del paese batte ancora, soprattutto nelle prime ore del mattino, quando le viuzze del villaggio si aninamo delle vivaci chiacchere del vicinato, delle quali, ovviamente, non capisci nulla, ma è come una colonna sonora che ti riporta sempre là, a quel Sud della memoria, immaginato da bambino. Saranno pure solo emigrati ritornati al borgo natio per le vacanze, sarà una cosa che può piacere a pochi... ma non importa... è una sensazione di umanità viva e autentica. Che pure in questo caso Tortora, indagando nel mio cervello, si sia magicamente trasformata, per farmi vivere ciò che volevo?