mercoledì 1 luglio 2015

Gattico, quella pietra "impregnata" di umanità

Preia d’Argòi, Sass dal burlin, Preia güzza, Preia da scalavè, Sass Malò... sulle modeste alture a meridione del Lago Maggiore, ci sono luoghi dove le pietre (preie o sass a seconda dei casi) si chiamano per nome, rigorosamente in lingua locale. E' una specie di composito argine, quello che chiude il Verbano: nient'altro di ciò che rimane di antiche colline moreniche, modellate dalla forza degli antichi ghiacciai. Gli stessi che scavarono il solco del Verbano e di altri laghi prealpini. E' un ambiente strano, quello di questi dossi del medio novarese, dove si respira un'atmosfera particolare, oserei dire ancestrale, oltre il tempo.
Il tipico bosco delle colline moreniche a meridione del Verbano
E' qui - in genere mimetizzati tra fitti boschi - che si incontrano le pietre "con un nome", i
massi erratici, "imponenti blocchi rocciosi trasportati dal ghiacciaio e depositati dove capitava quando questo si è ritirato". Al di là dell' asettica definizione, l'incontro con un masso erratico ha in sé qualcosa di sacrale... E in effetti queste gigantesche pietre sono conosciute per la memoria di antichissimi riti pagani che sono sopravvissuti fin quasi in epoche moderne.
Appare il "Sass Malò"
Da quanto tempo sono lì questi "regali" lasciati dall'ultimo grande periodo glaciale? Forse 12-13 mila anni... un niente nella storia della terra, ma un periodo immenso se paragonato alla vita di un uomo. Diciamo che sono "da sempre" lì quelle pietre, solitarie, imponenti... da rispettare. Così come lo facevano le tribù celtiche autoctone che le consideravano magiche, taumaturgiche, depositarie di profonde forze naturali. Non è difficile immaginare riti druidici quando ci si trova di fronte al
Sass Malò, presso Gattico.


Per arrivarci bisogna addentrarsi in un fitto bosco dove le specie autoctone come il pino silvestre e la farnia contendono a fatica il terreno all'onnipresente robinia. Il Sass pare nascondersi fino all'ultimo fin quando appare nelle sue dimensioni. Un incontro condito da un minimo di inquietudine. Non per niente il suo nome deriverebbe da malo loco, luogo malvagio, pericoloso, da evitare o addirittura da temere, secondo la chiesa medioevale, così come tutti gli antichi siti di culto pagani. Non è un caso che in epoca successiva si tramandava la leggenda che il Sass fosse stato depositato da perfide streghe durante un'alluvione. Mentre sotto il masso si trovava l'antro delle megere, tra cui Mangiamatài, strega mangia bambini. Una pietra adibita per secoli anche per propiziare la fertilità delle donne, con lo sfregamento del corpo su di essa.
Ma, dopo un momento di circospezione, non si può che rimanere ammaliati da questa piccola meraviglia della natura. Anzi, la sensazione di possanza e insieme di pace di questo luogo ha contagiato la mia piccola Corinne, che, incurante degli invitanti odori del bosco, ha preferito per un po' accucciarsi ai piedi della roccia, senza che io le indicassi nulla. Mi piace pensare che lei abbia sentito qualcosa di "speciale", parlando con la pietra in una lingua che noi  ormai abbiamo dimenticato.
Un "dialogo" tra Corinne e il "Sass Malò"?
Una pietra in qualche modo impregnata di umanità, di storie antiche di uomini e donne che sono passate di qui, di sortilegi, di paure, di superstizioni ma anche di quel rispetto per la natura tramandato per generazioni e ora quasi svanito negli ultimi decenni. Un'osmosi da vivere anche con un "semplice" masso, come insegnano sensibili parole dei nativi americani:
Io sono una roccia, ho visto la vita e la morte,
ho conosciuto la fortuna, la preoccupazione e il dolore.
Io vivo una vita da roccia.
Sono una parte di nostra Madre, La Terra.
Ho sentito battere il suo cuore sul mio,
ho sentito i suoi dolori e la sua gioia.
Io vivo una vita da roccia....
.Io sono parente delle stelle.
Io posso parlare, quando conversi con me
e ti ascolterò, quando parlerai...

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