Sparite le foreste,
bonificati stagni e acquitrini, livellati i dossi... forse l'unica
primigenia caratteristica naturale della Pianura padana a salvarsi,
prima delle radicali trasformazioni del territorio operate dall'uomo,
lo deve al fatto di essere sottoterra. Dal Piemonte al Friuli, il
filo rosso, anzi, azzurro, che "lega" tutte le regioni del nord,
è la fascia delle risorgive. L'acqua, penetrata negli strati
permeabili dell'alta pianura, scorrendo per chilometri e chilometri,
dopo essere "sparita" nel sottosuolo, entra infine in contatto
con le coltri argillose della bassa pianura, e così, trovando un
ostacolo, è costretta a tornare in superficie. Una "spiegazioncina"
che un tempo faceva anche la maestra delle elementari nell'ora di
"patria" geografia.
Proprio nella mia zona, tra Sesia e Ticino la
fascia delle risorgive, in genere larga dieci-venti chilometri,
raggiunge la sua massima lunghezza, più di 60 km, partendo dalle
colline a sud dei laghi e arrivando a lambire il Po.
Nel "mare" delle risaie, il Santuario della Madonna della Fontana a San Nazzaro Sesia (No) |
Ciò che succedeva nei
secoli passati nella Bassa allo scaturire dell'acqua ipogea lo
raccontano cronache, un po' iperboliche, che descrivono addirittura
l'improvvisa apertura di pericolosi baratri nel terreno dovuta a
robusti zampilli d'acqua con conseguenti allagamenti delle campagne
circostanti. Proprio questi impaludamenti hanno fatto sì che le
risorgive sono state, in verità, in qualche modo "manipolate"
dall'uomo: a partire dal XIV secolo le acque di queste polle naturali
sono state infatti regimentate nei "fontanili" o "fontane",
per poi essere utilizzate per irrigare le campagne.
Così si faceva
un profondo scavo, la "testa" - più o meno tondeggiante, dal
diametro di parecchi metri, ben protetta da ripe costruite col
materiale di riporto - attorno al punto di affioramento delle acque.
Poi, tramite un fosso, "l'asta", si canalizzava l'acqua verso i
campi. In genere l'area della "testa" era circondata da un'area
piantumata con alberi e siepi. Ovviamente il sistema poteva
funzionare grazie a un continuo intervento di manutenzione dei
contadini. Ed è stata proprio l'acqua dei fontanili a far nascere,
nella pianura lombardo-piemontese, la pratica delle "marcite",
che permetteva anche in inverno la crescita dei foraggi per lo
scorrere continuo dell'acqua, relativamente calda (12°), che
impediva il congelamento dei prati. Oggi quella tradizionale pratica
è pressoché scomparsa e i fontanili non è che se la passino
proprio bene: non più curati come un tempo, a volte ormai interrati
o degradati, talvolta trasformati in piccole riserve di pesca. Ci
sono, è vero, recuperi virtuosi, specie negli ultimi decenni, ma c'è
pure un caso di una "risorgiva - fontanile" che si è salvata da se stessa.
Sulla sua scaturigine dalle profondità, infatti, è
stato costruito il santuario della Madonna della Fontana, nei pressi
di San Nazzaro Sesia (Novara).E' una costruzione isolata, nel mare
delle risaie, risalente al XVII-XVIII secolo. Immagino però che a
questo luogo, e alle sue limpidissime acque, si sia assegnata fin da
tempi pagani una capacità taumaturgica, assorbita dal cristianesimo
e celebrata in tempi relativamente recenti dal ricordo di eventi
miracolistici, prodigiosi o di semplici "grazie".
Una leggenda
racconta che il tempio fu edificato perché un'immagine mariana,
posata su un albero da un venditore di quadri che voleva riposarsi in
un caldo pomeriggio, non volle più staccarsi da questo sito di
acque pure e lustrali, malgrado i tentativi per recuperarla. Una dinamica leggendaria che accomuna questo sito a decine di
altri santuari sparsi in tutt'Italia dove tante icone hanno
"rifiutato" di spostarsi. Comunque, ci si avvicina al luogo con
dovuto rispetto. Anzi, con capo chino, come avverte un antico avviso
su una parete del santuario, sotto la quale sbuca verso l'esterno
l'acqua.
Sulla facciata della chiesa, invece, campeggia il motto di una piccola meridiana, con una frase citata anche da Sebastiano Vassalli nella “Chimera”: "Tempora metimur sonitu, umbra, pulvere et unda, nam sonus et lacrima, pulvis et umbra sumus" ovvero... "misuriamo le ore col suono e con l'ombra, con la polvere e con l'onda, perché noi stessi siamo polvere e ombra, rumore e lacrime...".
Dopo aver meditato un attimo sul duro ammonimento, pure al meno pio viene quasi naturale abbeverarsi all'acqua "benedetta", anche perché qui, in piena Pianura Padana, non è poi facile trovarla così "naturalmente" limpida e pura. E una volta esaurita la sua funzione sacra, la risorgiva si laicizza, diventando fontanile, andando a donare una grazia terrena ai campi sottostanti, tuttora irrigati da quest'acqua.
La facciata del Santuario |
L'altare... |
... e, sotto, la risorgiva |
... l'acqua sbuca poi all'esterno della chiesa |
Sulla facciata della chiesa, invece, campeggia il motto di una piccola meridiana, con una frase citata anche da Sebastiano Vassalli nella “Chimera”: "Tempora metimur sonitu, umbra, pulvere et unda, nam sonus et lacrima, pulvis et umbra sumus" ovvero... "misuriamo le ore col suono e con l'ombra, con la polvere e con l'onda, perché noi stessi siamo polvere e ombra, rumore e lacrime...".
Dopo aver meditato un attimo sul duro ammonimento, pure al meno pio viene quasi naturale abbeverarsi all'acqua "benedetta", anche perché qui, in piena Pianura Padana, non è poi facile trovarla così "naturalmente" limpida e pura. E una volta esaurita la sua funzione sacra, la risorgiva si laicizza, diventando fontanile, andando a donare una grazia terrena ai campi sottostanti, tuttora irrigati da quest'acqua.
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