“Quella
sera dormii a Lauria, uno degli ultimi e più pittoreschi villaggi
della Basilicata. L'indomani entrai definitivamente in Calabria.
L'approccio da questa parte è davvero formidabile e conforme a tutto
ciò che avevo sognato di più agreste e severo. Una gola stretta,
scoscesa, tortuosa, serpeggia tristemente tra due vaste catene
montuose, di cui una appartenente alla catena di Pietrasasso, l'altra
a quella del Pollino, la più alta, alpestre e primitiva della
Calabria...
Questo
è l’ingresso e, per così dire, l’anticamera della Calabria.
C’era certo di che sgomentare le immaginazioni più timorose; ma
avevo presente il sesto canto dell’Eneide e sapevo che l’Inferno
è l’anticipazione dei Campi Elisi.... Anche il tempo era
migliorato e un magnifico arcobaleno cingeva le montagne, quasi a
dirmi che era finito l’Inferno e stava cominciando l’Eliso; come
Noé, ebbi fiducia in Dio e proseguii coraggiosamente il
pellegrinaggio”.
Tortora (Cosenza), 300 metri s.l.m., centro storico |
Non
credo che lo scrittore ginevrino Charles Didier (1805-1864, dal cui
"viaggio in Calabria" sono tratti questi brani) sia mai stato a
Tortora (anche perché da Lauria proseguì verso l'interno) ma... non
importa. Questa descrizione mi va bene lo stesso. Sia perché quando
da Lauria (sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria) si scende per la
stretta valle del fiume Noce e, solo verso la fine, il cuore ti si
apre alla vista del mare di Calabria, le sensazioni provate non sono
così diverse, sia perché incarna quello spirito del viaggio
romantico nelle terre italiche, sicuramente un po' obsoleto e
ottocentesco, però ancora affascinante.
Per
la verità Tortora, primo paese della Calabria tirrenica, appena dopo
la lucana Maratea, è un paese "diviso" in due: sulla costa la
Marina e, più in alto, il centro storico. E già qui c'è un bel
contrasto.
Perché il centro storico, pur situato a solo sei km dal litorale è già un "altro mondo", in cui il mare funge da deuteragonista.
Perché il centro storico, pur situato a solo sei km dal litorale è già un "altro mondo", in cui il mare funge da deuteragonista.
Ed è la malìa del borgo "alto", dal carattere
già montano, appollaiato su un costone roccioso proprio come un
uccello, che mi ha fatto sognare di essere non il classico turista
agostano, ma il viaggiatore alle prese con le gioie della scoperta.
Ciò
che è osservato influenza l'osservatore ma, forse, è anche vero il
contrario. Non è che Tortora, aspettando la mia visita, si sia
trasformata, come in un sogno, per farmi vedere ciò che io mi
aspettavo di vedere? Appena arrivato in paese, il primo pensiero che
mi è venuto in mente è stato: "Questo sembra uno dei classici
paesini del Meridione immortalati in qualche vecchio film della mia
infanzia, in bianco e nero, nel momento in cui passa Garibaldi,
liberatore del Regno delle due Sicilie". Ebbene, Tortora, cosa ha
fatto?
Mi ha fatto sbagliare strada per il bed and breakfast degli
impareggiabili Biagio e Alfonsina e mi ha portato in una piazzetta
dove ho potuto leggere quello che la mia mente mi aveva suggerito
qualche istante prima: "In memoria di Giuseppe Garibaldi che di
passaggio sostò in Tortora, ospite della famiglia Lomonaco il
3.9.1860". Luogo magico, dunque? Non so, ma certo un generoso "scambio di energia" tra il paese e il nuovo venuto, c'è stato
subito.
Le "ali" di Tortora, viste dal borgo di Aieta |
Tornando
ai film dell'infanzia, davano un "senso del Sud", quello
profondo, magari legato a luoghi comuni, ma indimenticabile per un
bambino di un mondo ancora piccolo, in cui l'Italia era grande...
quando con la famiglia spingersi fino al centro della Penisola era
già una piccola avventura. Molte cose saranno cambiate a Tortora, da
quegli anni o forse no... certo non ho potuto indagare più di tanto.
Ma quello che si percepisce è netto: il sapore di una terra ancora in gran parte incognita nel vero senso della parola, sospesa tra un altrove che si può solo immaginare al di là delle scabre montagne che chiudono l'orizzonte del paese e il rassicurante orizzonte del litorale. Un ricordo più recente mi fa venire ancora in mente il Sud, celebrato in un fortunato tormentone (oggi si direbbe claim) pubblicitario: "Il primo sorso affascina il secondo Strega" (riferito al noto liquore beneventano, inventato, guarda caso, ai tempi della conquista di Garibaldi). Così Tortora, discretamente, a poco a poco ti ammalia.
Con architetture quasi antropomorfe, come la
chiesa delle Anime del Purgatorio, con un piccolo ma ricco e
interessantissimo museo interattivo sui segreti dell'antica città
italica e romana di Julia Blanda (destinata tra poco a diventare
parco archeologico) con sapori totalmente inediti (perlomeno per me)
come la zafarana, tipico e dolce peperone locale che
generosamente entra in una gastronomia locale "di terra" dal
sapore antico: dalla pasta fatta in casa (indimenticabili lagane...)
fino ai profumi, insieme forti e delicati, sprigionati al taglio dei
capocolli.
Ma quello che si percepisce è netto: il sapore di una terra ancora in gran parte incognita nel vero senso della parola, sospesa tra un altrove che si può solo immaginare al di là delle scabre montagne che chiudono l'orizzonte del paese e il rassicurante orizzonte del litorale. Un ricordo più recente mi fa venire ancora in mente il Sud, celebrato in un fortunato tormentone (oggi si direbbe claim) pubblicitario: "Il primo sorso affascina il secondo Strega" (riferito al noto liquore beneventano, inventato, guarda caso, ai tempi della conquista di Garibaldi). Così Tortora, discretamente, a poco a poco ti ammalia.
La facciata "antropomorfa" della chiesa delle Anime del Purgatorio |
E addirittura fornendoti una visione notturna, quella di
un incendio alimentato dal vento (di cui certo si sarebbe fatto
volentieri a meno), del tutto coinvolgente nella sua infernale
scenografia. Ma la cosa che più rimane impressa di Tortora è il
notare che il "cuore" del paese batte ancora, soprattutto nelle
prime ore del mattino, quando le viuzze del villaggio si aninamo
delle vivaci chiacchere del vicinato, delle quali, ovviamente, non
capisci nulla, ma è come una colonna sonora che ti riporta sempre
là, a quel Sud della memoria, immaginato da bambino. Saranno pure
solo emigrati ritornati al borgo natio per le vacanze, sarà una cosa
che può piacere a pochi... ma non importa... è una sensazione di
umanità viva e autentica. Che pure in questo caso Tortora,
indagando nel mio cervello, si sia magicamente trasformata, per farmi
vivere ciò che volevo?
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