Meriterebbe più di una visita "mordi e fuggi", eppure è
bastato un piccolo "assaggio" per intuire un’anima particolare, quasi un "altrove"
in terra sarda.
Bosa (Oristano) colpisce subito con la sua tavolozza di colori,
con le sue centinaia di casette a tinta pastello, con una miriade di vicoli,
tutti rigorosamente in salita, che ti fanno ricordare un pochino i carrugi
liguri.
Poi, su un fiume, il Temo, unico corso d’acqua navigabile della Sardegna (anche se solo per qualche chilometro), tutta una serie di piccole costruzioni sorelle addossate le une alle altre, che si affacciano sulle rive del fiume stesso.
Queste sono le "concerie", dismesse negli anni Sessanta del secolo scorso (oggi monumento nazionale) che raggiunsero il loro massimo fulgore indistriale nel corso dell’Ottocento.
Sono un po’ l’unica zona in piano perché a Bosa non si può che salire, come sembra suggerire una fantastica vite capace di arrampicarsi fin sul tetto di una casa. L’obiettivo del "mordi e fuggi" non può che essere uno: il Castello di Serravalle che domina dall’alto la cascata di colori della cittadina. Sotto il sole il cammino si fa arduo, specie verso la fine, con una serie di interminabili scalinate. Ma la fatica viene ripagata da uno splendido panorama e da un piccolo gioiello: la "Chiesa di nostra Signora de Sos Regnos Altos"… del resto essendo dei “regni alti” non poteva essere se non qui. All’interno uno splendido ciclo di affreschi tre-quattrocenteschi dove, da una parte c’è un San Giacomo Maggiore, unico maschio… tra le tante sante. Una sorta di beatitudine contrappuntata, dal lato opposto, da un severo ammonimento. San Macario sta lì ad indicare a tre giovani nobili cosa, in ultima analisi, li attenderà: morte e decomposizione della carni con tanto di figurazione in “tre stadi” su cosa succede sotto terra…
Poi, su un fiume, il Temo, unico corso d’acqua navigabile della Sardegna (anche se solo per qualche chilometro), tutta una serie di piccole costruzioni sorelle addossate le une alle altre, che si affacciano sulle rive del fiume stesso.
Queste sono le "concerie", dismesse negli anni Sessanta del secolo scorso (oggi monumento nazionale) che raggiunsero il loro massimo fulgore indistriale nel corso dell’Ottocento.
Sono un po’ l’unica zona in piano perché a Bosa non si può che salire, come sembra suggerire una fantastica vite capace di arrampicarsi fin sul tetto di una casa. L’obiettivo del "mordi e fuggi" non può che essere uno: il Castello di Serravalle che domina dall’alto la cascata di colori della cittadina. Sotto il sole il cammino si fa arduo, specie verso la fine, con una serie di interminabili scalinate. Ma la fatica viene ripagata da uno splendido panorama e da un piccolo gioiello: la "Chiesa di nostra Signora de Sos Regnos Altos"… del resto essendo dei “regni alti” non poteva essere se non qui. All’interno uno splendido ciclo di affreschi tre-quattrocenteschi dove, da una parte c’è un San Giacomo Maggiore, unico maschio… tra le tante sante. Una sorta di beatitudine contrappuntata, dal lato opposto, da un severo ammonimento. San Macario sta lì ad indicare a tre giovani nobili cosa, in ultima analisi, li attenderà: morte e decomposizione della carni con tanto di figurazione in “tre stadi” su cosa succede sotto terra…
E’ un unicum in tutta la Sardegna questa iconografia
medioevale dell’ "Incontro dei tre vivi con i tre morti", ovverosia "ciò che
sarete voi, noi siamo adesso". Così anche al turista vacanziero non resta che
meditare un attimo, ad onta dello splendido sole all’esterno. Ma il "mordi e
fuggi" si conclude con un vero morso… la fantastica pizza al taglio
di Giovanni, un must di Bosa, che riporta in un attimo a intensi piaceri terreni…
la meditazione proseguirà un’altra volta.