Al cospetto di un antico stemma affrescato su una
parete, in alto, nel bel mezzo di persiane aperte, mi è improvvisamente tornato
in mente il titolo di un vecchio film cult di Pupi Avati, “La casa delle
finestre che ridono”.
Risalendo (tra viottoli ed erte scalinate) verso il
nucleo più antico di Feltre - cittadina della provincia bellunese non lontana
dal corso del fiume Piave - arroccato a dominio della piana sottostante, lo
sguardo è naturalmente attirato all’insù. La "porta Oria" a Feltre |
Le strade, fiancheggiate da antichi
palazzi in stile veneziano, convergono verso il culmine del colle fino alla
scenografica Piazza Maggiore e al severo castello di Alboino.
Piazza Maggiore a Feltre (Belluno) |
A differenza
della vivace “Feltre del piano” qui, nel centro storico, in una fredda giornata
invernale, dominano il silenzio e la pace, fors’anche per quasi totale assenza
di esercizi commerciali.
Per la solare Beatrice, compagna di buona parte di tutti
i miei vagabondaggi, Feltre (perlomeno il suo centro) ha un’anima “abbandonata
a se stessa”, un po’ triste. Forse è così, tuttavia la sua aura antica oltra a un
passato importante, li percepisci nettamente.
Il castello di Alboino |
Sono i muri a parlare per Feltre, in un caleidoscopio
di scritte, iscrizioni, affreschi, graffiti di ogni tipo e di ogni epoca. C’è
da divertirsi a leggere e a guardare… si passa da scene religiose dipinte alla scoperta di giovanili vicende del Goldoni,
descritto come “giocondo poeta della commedia italiana” che qui “immaginò le
argute scene del ‘Buon vecchio’ e della ‘Cantatrice’”, dalla laconica lapide
sotto il monumento di Panfilo Castaldi “scopritore generoso dei caratteri
mobili per la stampa” all’invito ai clienti all’esterno di un’antica “bottega di caffè e
giuoco di bigliardo”.
La “Farmacia Fabris” mostra, sopra scuri chiusi immagino da
tempo, una ancora ben leggibile insegna dipinta con maestria, incuriosendo per
un’entrata “sopraelevata” rispetto al piano stradale. E anche i muri del castello di Alboino, effettivamente di origine longobarda, non si sottraggono a parlare, questa volta con motti “eroici” ben più recenti, illeggibili, ma con una firma, ben nota, cancellata dalle sassate e un simbolo triangolare della stessa epoca, almeno credo.
Nel cortile del castello di Alboino, scritte del ventennio fascista |
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