Preia
d’Argòi, Sass dal burlin, Preia güzza,
Preia da scalavè, Sass Malò... sulle modeste alture a meridione del Lago Maggiore, ci sono luoghi dove le
pietre (preie o
sass a seconda dei casi) si
chiamano per nome, rigorosamente in lingua locale. E' una specie di
composito argine, quello che chiude il Verbano: nient'altro di ciò
che rimane di antiche colline moreniche,
modellate dalla forza degli
antichi ghiacciai. Gli stessi che scavarono il solco del Verbano e di
altri laghi prealpini. E' un ambiente strano, quello di questi dossi del
medio novarese, dove si respira un'atmosfera particolare,
oserei dire ancestrale, oltre il tempo.
E' qui - in genere mimetizzati
tra fitti boschi - che si incontrano le pietre "con un nome", i
massi erratici, "imponenti blocchi rocciosi trasportati dal
ghiacciaio e depositati dove capitava quando questo si è ritirato".
Al di là dell' asettica definizione, l'incontro con un masso
erratico ha in sé qualcosa di sacrale... E in effetti queste
gigantesche pietre sono conosciute per la memoria di antichissimi riti pagani che
sono sopravvissuti fin quasi in epoche moderne.
Da quanto tempo sono
lì questi "regali" lasciati dall'ultimo grande periodo
glaciale? Forse 12-13 mila anni... un niente nella storia della
terra, ma un periodo immenso se paragonato alla vita di un uomo.
Diciamo che sono "da sempre" lì quelle pietre, solitarie,
imponenti... da rispettare. Così come lo facevano le tribù
celtiche autoctone che le consideravano magiche, taumaturgiche,
depositarie di profonde forze naturali. Non è difficile immaginare
riti druidici quando ci si trova di fronte al Sass Malò, presso
Gattico.
Il tipico bosco delle colline moreniche a meridione del Verbano |
Appare il "Sass Malò" |
Per arrivarci bisogna addentrarsi in un fitto bosco dove le
specie autoctone come il pino silvestre e la farnia contendono a
fatica il terreno all'onnipresente robinia. Il Sass pare nascondersi fino
all'ultimo fin quando appare nelle sue dimensioni. Un incontro condito da un
minimo di inquietudine. Non per niente il suo nome deriverebbe da
malo loco, luogo
malvagio, pericoloso, da evitare o addirittura da temere, secondo la
chiesa medioevale, così come tutti gli antichi siti di culto pagani. Non è
un caso che in epoca successiva si tramandava la leggenda che il Sass fosse stato depositato da perfide streghe durante
un'alluvione. Mentre sotto il masso si trovava l'antro delle megere,
tra cui Mangiamatài,
strega mangia bambini. Una pietra adibita per secoli anche per
propiziare la fertilità delle donne, con lo sfregamento del corpo su di
essa.
Ma,
dopo un momento di circospezione, non si può che rimanere
ammaliati da questa piccola meraviglia della natura. Anzi, la
sensazione di possanza e insieme di pace di questo luogo ha
contagiato la mia piccola Corinne, che, incurante degli invitanti
odori del bosco, ha preferito per un po' accucciarsi ai piedi della
roccia, senza che io le indicassi nulla. Mi piace pensare che lei abbia
sentito qualcosa di "speciale", parlando con la pietra in una lingua che noi ormai abbiamo dimenticato.
Un "dialogo" tra Corinne e il "Sass Malò"? |
Una
pietra in qualche modo impregnata di umanità, di storie antiche di
uomini e donne che sono passate di qui, di sortilegi, di paure, di
superstizioni ma anche di quel rispetto per la natura tramandato per
generazioni e ora quasi svanito negli ultimi decenni. Un'osmosi da
vivere anche con un "semplice" masso, come insegnano sensibili
parole dei nativi americani:
Io
sono una roccia, ho visto la vita e la morte,
ho
conosciuto la fortuna, la preoccupazione e il dolore.
Io
vivo una vita da roccia.
Sono
una parte di nostra Madre, La Terra.
Ho
sentito battere il suo cuore sul mio,
ho
sentito i suoi dolori e la sua gioia.
Io
vivo una vita da roccia....
….Io
sono parente delle stelle.
Io
posso parlare, quando conversi con me
e
ti ascolterò, quando parlerai...
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