Non è raro, anzi è abbastanza
frequente, notare sovrapposizioni di stili nelle chiese italiane. E anche sovrapposizioni di tante
vicende umane. Alcune tramandate nella storia… altre, private,
intime, assorbite dal legno dei confessionali, di
antichi inginocchiatoi, di sacri e segreti anditi, prigioniere del loro tempo. Entrando in una chiesa è bello immaginare
(qualche volta percepire) l’umanità che ci è passata.
La pieve dei Ss.Nazario e Celso di Borgomaro (Imperia) |
Il portale, senza lunetta |
E poi ancora, nel XVII secolo, fu rinnovata in stile barocco. Nei secoli successivi fu tutto un alternarsi di saccheggi, abbandoni e ritorni; addirittura nel 1942 la canonica fu usata come casermetta per soldati tedeschi, uno dei quali fu ucciso in un conflitto a fuoco sotto l’altare… e quindi la chiesa fu sconsacrata. Malgrado la riconsacrazione del 1951, la Pieve fu nuovamente oggetto di atti vandalici e saccheggi, favoriti dall’isolamento del luogo. Per arrivare, finalmente, nel 2004 quando, a seguito di un graduale e rinnovato interesse per il luogo, si reinsediò qui una piccola comunità monastica benedettina, grazie alla quale si riaprì definitivamente al culto la chiesa e si procedette al recupero dell’ambiente esterno e dello storico uliveto. Insomma una vita decisamente tribolata, ad onta proprio dell’albero il cui ramoscello simboleggia la pace.
La "tomba dei bambini" |
L’interno della chiesa, in cui si leggono le diverse sovrapposizioni, è sobrio ma accogliente.
La cosa che mi ha colpito, ancor più delle enigmatiche faccine scolpite sui capitelli romanici, sono i banchi seicenteschi, naturalmente di chiaro legno di ulivo, tutti diversi, consunti, a volte deformati,
non si sa se per assecondare la sinuosità dell’albero madre o forgiati dalle terga, dalle ginocchia o dalle storie dell’umanità che qui ha fatto sosta, magari solo per una fugace preghiera. Fatto sta che nel silenzio del luogo, sembrano quasi cercare di parlare, depositari di sofferenze, sogni o speranze perduti nel tempo… ma alla fine cedono anch’essi al rispetto della pace che qui si respira, circondati da un giardino di ulivi accuditi amorevolmente dai benedettini, in un’atmosfera sospesa tra il Getsemani, reminescenze omeriche e il sapore mediterraneo della Liguria.
“Pure colline chiudevano d’intorno
marina e case; ulivi le vestivano
qua e là disseminati come greggi,
o tenui come il fumo di un casale
che veleggi la faccia candente del cielo…
(Eugenio Montale)
qua e là disseminati come greggi,
o tenui come il fumo di un casale
che veleggi la faccia candente del cielo…
(Eugenio Montale)
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