La curiosità cresce, passando da queste parti,
nell’avvicinarsi alla casa dell’eroe per scoprire qualcosa di più dell’uomo, al
di là dell’agiografia che riporta ad antiche reminiscenze scolastiche e delle
ultime controverse interpretazioni delle sue gesta.
L’isola di Caprera è il paradiso
naturalistico, scelto da un ancor giovane Garibaldi come buen retiro tra un’impresa e l’altra, dove passò gli ultimi anni
della sua vita e dove morì. La sua casa, trasformata in un museo, occhieggia tra una vegetazione lussureggiante.
Siamo ad agosto e in tanti si appropinquano oltre l’ultimo piccolo
posteggio-piazzola, dove due pullman pieni di turisti stranieri approfittano per fare
inversione. Eccoci qui, ansiosi di oltrepassare la soglia; un cartello annuncia
di essere al cospetto di un “monumento nazionale” però… c’è un però.
Sfortunatamente è lunedì e il monumento nazionale suddetto è inopinatamente chiuso…
no comment, ma tanta delusione in tutti. Non resta che accontentarsi di fare
uno foto alla laconica scritta incisa nella roccia all’esterno “A Garibaldi L’Italia,
II giugno MDCCCII”, ovvero la data del ventennale della morte dell’Eroe dei Due
Mondi.
L'Isola di Caprera e l'arcipelago della Maddalena |
Sopra la casa "chiusa" di Garibaldi e la scritta commemorativa dell'Eroe |
Si scollina e, un po' più in là di quello che resta di un’antica fortificazione, appare il meraviglioso mare della costa
nordorientale della Sardegna e una costruzione abbandonata, quasi mimetizzata
nell’ambiente. Il magnetismo delle rovine è irresistibile… si entra e si capisce
tutto.
Cio che resta della casermetta a servizio della postazione "Messa del Cervo" |
Nello stabile, ormai fatiscente, campeggia quasi incurante del tempo e
della salsedine la famosa parola d’ordine “imperativa e categorica” di
Mussolini: “Vincere!”, fossilizzata nell’abbandono, quasi “canzonata” da una
scritta sottostante,“Pci”, anch’essa consegnata ormai alla storia, e contrappuntata
dall’altro lato dello stanzone (forse il dormitorio) da un più prosaico “Forza
Juve”, quasi sicuramente scritto dalla stessa mano. Era dunque una casermetta
sperduta nel Mediterraneo a servizio delle postazioni di artiglieria
(mimetizzate e scavate nella viva roccia) in tempo di guerra. Ho scoperto poi
che questo luogo ha un nome lontano da qualsiasi riferimento bellico: “Messa
del Cervo”. La struttura è “tenuta su” da ponteggi anch’essi vetusti, e
curiosando qua e là si intuiscono le destinazioni degli altri ambienti...
latrine, cucina, stanza per gli ufficiali. Nel trionfo del sole e della natura,
è difficile ripensare alle vicende della guerra e del regime. Mi piace immaginare
che qui un giovane ufficiale destinato in questo sperduto e forse inutile avamposto,
guardando verso il mare, lontano da qualsiasi tentazione eroica, abbia fatto
sue le parole del poeta:
… Nelle crepe del
suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi…
(tratto da “Meriggiare
pallido e assorto” di Eugenio Montale)spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi…
Dalla Messa del Cervo, il faro degli isolotti Monaci |
Nessun commento:
Posta un commento