A volte il
confine tra follia e santità può essere davvero sottilissimo. Tanto
più se si tratta di indagare su una storia di circa un secolo e
mezzo fa, alimentata nei tempi da dicerie popolari più o meno
attendibili.
Sul lato
orografico sinistro della Valle Antigorio (Alto Piemonte),
appollaiato su uno sperone roccioso dominante la valle, si erge un
singolare oratorio, circondato da un elegante peristilio
semicircolare in serizzo, la tipica pietra locale. Il luogo si
chiama Crego, piccolo villaggio raggiungibile solo attraverso una
deviazione dalla statale di valle.
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La gola di Balmafredda |
Insomma, per giungere qui, bisogna
proprio "volere" arrivarci, passando attraverso la scenografica
gola di Balmafredda e risalendo il versante per una stretta stradina.
Un tempo il paesino aveva un proprio parroco, ma non c'è da stupirsi
se ci si rapporta all' "abbondanza" di preti dei secoli scorsi e
a una devozione un tempo assai viva nelle genti di montagna e
soprattutto in questa valle. Crego, attorno al 1850, contava su 94
anime e quando la parrocchia fu assegnata a Don Lorenzo Dresco,
nativo di Varzo, in val Divedro, il nuovo pastore decise subito che
l'antica chiesetta dei santi Rocco e Francesco era troppo piccola per
la fervorosa fede delle sue pecorelle.
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L'oratorio di Crego in Valle Antigorio, costruito da Don Lorenzo Dresco |
Come fare? Senza alcun indugio
Don Lorenzo iniziò a costruirne una, da solo, completamente con le
sue mani, trasformandosi in muratore e scalpellino.
Una fatica
ciclopica, se si considerano anche i tempi, i luoghi e i mezzi
tecnici, durata dal 1852 al 1878.
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Le colonnine in serizzo del peristilio |
Un progetto che già poteva
suggerire, in qualcuno, di essere figlio di una mente non proprio
equilibrata, e che contribuì, ancora in vita, a tratteggiare come
leggendaria la figura di Don Lorenzo. Prete generosissimo con i
poveri e, al tempo stesso, votato a un misticismo indotto anche da un
rigore inflessibile verso se stesso. Tra le testimonianze dirette
sulla sua vicenda umana - poche peraltro - tal Francesca Piretti, per
otto anni al suo servizio come perpetua, racconta che tutte le
mattine, alle ore 3, Dresco si sottoponeva al cilicio e
all'autofustigazione a sangue; a detta della donna pare che "giunse
a dormire sul nudo pavimento nel solaio della chiesa, ove si conserva
ancora la pietra che gli faceva da guanciale". Da qui ad alimentare
voci di pazzia da parte di alcuni il passo fu certamente breve. Ma
anche di santità, se è vero che negli ultimi anni delle sua vita il
villaggio di Crego vide "un gran concorso di forestieri che da ogni
parte veniva ed egli tutti rimandava soddisfatti e consolati".
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L'urna con i resti di Don Dresco |
Sfinito dalle privazioni, dalla fatica e dalla malattia, forse una
polmonite, morì nel 1878 all'età di 70 anni e, tra i più
anticlericali, c'è chi affermò che finì i suoi giorni in
conclamata pazzia.
Ebbe un funerale povero e i suoi resti finirono
addirittura in una fossa comune nel camposanto del non lontano paese
di Mozzio, per essere poi riesumati nel 1902 e deposti prima nel
cimiterino di Crego poi, in anni recenti, doverosamente, in un'urna
esterna della "sua" chiesa.
Oggi
resta
la memoria di un uomo consolidata - nella sfida col tempo che scorre -
dalle pietre dell'originale oratorio di Crego. Don Lorenzo Dresco,
santo o folle?
Di sicuro uomo deciso a realizzare il suo sogno,
libero da ogni condizionamento.
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La statua della Libertà in versione... montana |
E forse non è un caso che a poche
centinaia di metri dall'oratorio si possa incontrare, lungo la
strada, una singolarissima scultura "arborea" che un estroso
valligiano ha ricavato da ciò che restava di un vecchio tronco e dai
suoi rami, e nella quale si riconosce facilmente l'ispirazione al
monumento simbolo dell'America.
Che
qui a Crego mi piace immaginare
dedicata a quel senso di libertà, magari un po' anarcoide, insito nel
dna dei montanari e che certo infuocava lo spirito anche del
"santo-folle" Don Lorenzo Dresco.
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