Una
modesta porta aperta, sulla sinistra del grande tempio di San Giovanni
Evangelista a Parma, scrigno di tesori artistici tra i quali la grandiosa
cupola affrescata del Correggio, passerebbe del tutto inosservata se non si
occhieggiasse, oltre la soglia, un antico chiostro. E se, con gentilezza, un
volontario non invitasse ad entrare ed esplorare il sito: “venite, c’è pure al
piano superiore la biblioteca del monastero… è eccezionale, non vi pentirete se
vorrete visitarla!”. Così, di fronte a tale cortese ma più che sintetica
descrizione, il turista comincia a prefigurarsi, nel breve tragitto e salendo
una stretta scalinata, un locale, forse con vetuste scansie lignee, dove
occhieggiano dorsi di preziose cinquecentine. E invece no. La meraviglia,
perché di meraviglia si tratta, è tutt’altra: una vasta sala con diciotto
campate quadrangolari affrescate. Ma affreschi assai originali, a dir poco,
illustrati da misteriosi simboli e da cartigli in quattro lingue, latino,
greco, ebraico e arabo siriaco e pure con l’aggiunta di qualche geroglifico
egizio. Alle pareti laterali, poi, immagini bibliche e straordinarie e
dettagliatissime mappe geografiche dipinte: Italia, Grecia, Terra Santa, Ducato
di Parma. Un’attrattiva turistica degna di nota nella città ducale, ma poco
conosciuta dagli stessi parmensi.
La
sorpresa diventa doppia scoprendo che l’ideatore di questo strabiliante ciclo
pittorico fu un mio conterraneo novarese, l’abate Stefano Cattaneo (Stephanus Cataneus, da non
confondersi con un omonimo e quasi coevo abate, di Intra) tra il 1574 e il
1575, nella Parma dei Farnese, nello stesso periodo, guarda caso, pure marchesi
di Novara.
L’abate
di “patria novariensis”, nato nel 1507, ricorda il volume edito ad Assisi nel
1732 “Biblioteca benedectino Casinensis”, prese i voti a Piacenza nel 1534 e
amministrò diversi tra “insigniora monasteria” della congregazione benedettina,
tra i quali oltre a Parma, anche Bologna, Ravenna e Castelnuovo Fogliani.
Insigne
linguista e uomo di eccelsa cultura, gli scritti del quale sono però purtroppo
andati sostanzialmente perduti, viene ricordato anche da Lazzaro Agostino Cotta
nel suo “Museo Novarese” dove si cita la sua presenza al Concilio di
Trento in cui – aggiunge pure puntualmente il volume del 1754 “Historia rei
literariae ordini S.Benedicti” – “pluris orationes habuit, variasque
dissertationes edidit” e , naturalmente,
la sua attività in Parma dove “quella libraria adornò di pitture squisite”. L’abate
Cattaneo, supportato dal monaco Vitale da Verona e con la realizzazione
artistica dei bolognesi Ercole Pio e Giovanni Antonio Paganini, volle che
alcune fra le pitture più significative che avrebbero ornato la biblioteca
fossero tratte dalle incisioni contenute nella “Bibbia poliglotta” di Benito
Arias Montano del 1572. Il risultato fu ed è tuttora un ciclo pittorico, nelle
intenzioni dell’ideatore, dall’alto significato etico-pedagogico, con elementi
figurativi sacri uniti pure a figurazioni allegoriche, specie sulle superfici
delle volte, tratte da alcuni testi dell’epoca come per esempio gli “Emblemata”
di Andrea Alciati, i “Geroglifici” di Orapollo e gli “Hieroglyfica” di Pierio
Valeriano.
In
pareti che rievocano millenni di storia umana, in una sorta di caleidoscopio di
immagini, non si può fare a meno di notare anche una dettagliata descrizione
pittorica dell’Arca di Noè, con inscritto quasi impercettibilmente in
“filigrana” l’ “Uomo della Sindone”, ma anche una tumultuosa Battaglia di
Lepanto (1571), dove spicca l’insegna del Duca di Parma Alessandro Farnese,
fresco vincitore.
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La biblioteca di San Giovanni Evangelista a Parma
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Un
luogo cosmopolita e in qualche modo arcano – dove convivono il candelabro
ebraico e il fuoco egizio – che suggerisce, come si legge nel saggio di Luca
Ceriotti e Federica Dall’Asta ,“Il posto di Caifa – l’inquisizione a Parma
negli anni dei Farnese”, una certa eterodossia del nostro, sfiorato da accuse
ereticali, certo a conoscenza delle idee della Riforma e ben edotto dei “temi
della controversia teologica cinquecentesca”.
Stephanus
Cataneus, novarese, uomo di grande statura intellettuale e di sconfinati
orizzonti mentali, morì presso il monastero di San Sisto di Piacenza nel 1579,
lasciando sulle pareti affrescate della biblioteca benedettina di Parma il suo singolare
e scenografico testamento spirituale.